Un calciatore tra il primo e il secondo tempo rilascerebbe mai interviste? Non credo proprio! La concentrazione è comunque ai massimi e la testa è tutta sulla partita in corso, qualunque cosa potrebbe distrarlo. Proprio come un tennista tra un set e l’altro di una partita. Momenti di pausa che però sono la continuazione della competizione a cui si sta partecipando.
Chiacchierata con Sébastien Ogier
Bene allora potete immaginare la mia sorpresa quando, alla fine dell’ultima Prova Speciale della giornata del Rally di Sardegna, Sébastien Ogier ci ha letteralmente regalato venti minuti del suo tempo e si è seduto al tavolo con noi per fare una chiacchierata e rispondere alle nostre domande e curiosità.
C’è di che rimanere a bocca aperta, ma la stoffa di un campione si vede anche da questo.
Aveva già rilasciato qualche intervista alla Media Zone appena sceso dalla macchina.
Aveva già fatto un briefing appena entrato in assistenza con Capito che lo stava aspettando.
Ed eccolo, seduto, di fronte a me, sorridente, gentile, disponibile, paziente, fresco e riposato come se niente fosse, non sembrava neanche particolarmente accaldato e pensate che la temperatura raggiunta in macchina sarà arrivata a 50°!
Una giornata in cui è cambiato per sei volte il primo in classifica nel corso delle otto prove speciali che si sono disputate, un continuo testa a testa tra Volkswagen e Hyundai, un duello soprattutto tra Latvala e Neuville, ma immaginatevi la tensione, la concentrazione e l’adrenalina durante tutta la giornata.
Insomma, ecco che in un attimo mi ritrovo a tavola con il tre volte Campione del Mondo a chiacchierare: una persona normale che non si comporta affatto da star, anche se ne avrebbe tutti i diritti!
E ci racconta del fatto che nei rally devi essere un po’ MacGyver, bisogna saper fare un po’ di tutto, specialmente se la macchina ha qualche piccolo problema bisogna saper intervenire. E lui si sente proprio un po’ MacGyver, visto che ha iniziato come meccanico ed è diventato pilota solo più tardi: è all’età di 21 anni che corre il suo primo rally ed è dal 2008 che partecipa ai mondiali di Rally. Diventare pilota era il suo sogno ma il kart era uno sport troppo costoso per i suoi genitori quindi non ha potuto iniziare da piccolo, anche se quando aveva 8 anni partecipò ad una gara di kart cross con un kart che aveva il motore del tagliaerba che gli regalò suo papà!
Prima della gara non ha nessun “rituale sacro” perché lui non è affatto superstizioso né scaramantico: è solo carico e concentrato sull’obiettivo: la vittoria!
Ci racconta che la Sardegna, all’inizio non gli piaceva: era un rally con strade troppo strette e tortuose, troppo tecnico e lento e fa anche troppo caldo. Ha apprezzato molto il lavoro dell’organizzazione che, nel tempo, ha modificato le prove rendendole più veloci e più fluide. Adesso gli piace di più, anche se non è sicuramente il suo preferito. Al primo posto lui mette il rally di Finlandia e anche quello di Svezia… Sono Rally difficili da vincere, molto veloci, con panorami mozzafiato tra boschi e neve. Si tratta di Rally che vengono vinti regolarmente da piloti scandinavi. Solo lui e Loeb sono riusciti a vincere il rally di Svezia tra i piloti non “di casa”, mentre l’impresa in quello di Finlandia è riuscita a loro due, a Sainz, ad Auriol e a Martin. Queste vittorie rendono Ogier molto orgoglioso e, quando ce lo racconta, nei suoi occhi si vede chiaramente un’enorme soddisfazione.
Quando gli chiediamo qual è per lui il pilota che prende come esempio e quello più bravo ecco che si irrigidisce e, pur citando Loeb tra i migliori di sempre, preferisce non parlare di altri e non fare confronti perché secondo lui ogni epoca ha il suo pilota e i confronti bisogna farli in modo omogeneo. Chi può dire se negli anni ’80 Loeb avrebbe avuto gli stessi risultati? Lui preferisce non esprimersi.
E rimane impeccabile anche quando gli chiediamo quanto gli pesa partire con il numero uno nei primi giorni di gara e “pulire” la strada agli altri. Si lamenta “elegantemente” del fatto che in nessun altro sport c’è una regola del genere ed è molto frustrante per lui partire penalizzato fin dall’inizio. In pratica l’obiettivo principale nelle prime prove speciali è non prendere troppi secondi per rimanere attaccati ai primi il più possibile, finchè l’handicap dell’ordine di partenza viene meno.
Si entusiasma parlando anche dei test che ha già fatto sulla nuova Polo WRC 2017: l’auto non è ancora perfetta ma il feeling è molto buono. La macchina è più veloce e, anche se bisogna farci ancora del lavoro, i presupposti sono davvero ottimi.
Del resto quadra con quello che ci dice dopo. Il suo sogno più grande era diventare campione del mondo e lui lo è diventato, per ben tre volte. Tutto quello che viene ora è un bonus. Non è mai stato un bravo perdente, in qualunque cosa lui abbia fatto, perché il suo unico obiettivo è vincere. Ancora adesso questo è il suo spirito, ma ha la consapevolezza che, in ogni caso, anche se dovesse continuare a vincere, la sua grinta non potrebbe cambiare più di tanto rispetto a quello che ha adesso. Ora la cosa più importante che può cambiare la sua vita e che la cambierà è il bambino che sta per arrivare.
Ci saluta così, con l’orgoglio e l’occhio illuminato dalla nuova avventura di vita che sta per affrontare.
Un campione, un uomo, un futuro padre: gli ingredienti dello sport, quello vero.