Praticità di guida, facilità a trovare parcheggio, bassi consumi e buona sostenibilità ambientale sono gli incentivi che stanno orientando, negli ultimi anni, le donne, soprattutto, verso l’acquisto delle city car.
La Seat Mii, spagnola di adozione tedesca, è quella che ha scorrazzato noi di Autoaspillo per il centro di Firenze domenica 14 aprile e che il prossimo fine settimana ci offrirà un passaggio per le vie milanesi. La Smart, tedesca, è la biposto che ha fatto della compattezza e della maneggevolezza i suoi fiori all’occhiello. Ma, la Iso Isetta, tutta italiana, è la city car che “ha fatto scuola in tutta Europa con l’unica sfortuna di essere nata troppo presto quando l’esigenza di una vettura da città non era ancora sentita e per le allora necessità quotidiane era troppo piccola”.
La prima city car italiana: la Iso Isetta
La Isetta venne prodotta dalla casa automobilistica Iso, una fabbrica nata a Genova-Bolzaneto su un precedente capannone che produceva refrigeratori. L’ingegnere Renzo Rivolta iniziò dopo la guerra la produzione di alcune motociclette, con un discreto successo, seppure inferiore alle concorrenti dell’epoca. A inizio anni ’50 Rivolta decise di passare alla produzione di automobili e in mente aveva un mezzo che portasse due persone, avesse il consumo di una motocicletta, fosse confortevole e costasse la metà di una Topolino. Arriva così una microvettura ad alto contenuto tecnologico e di design, con un corpo a “uovo” ancora oggi modernissimo e utilizzato da chi crea microvetture elettriche o tradizionali.
Cittadina per vocazione, adatta al pubblico femminile, ideale come seconda auto anche se i tempi erano ancora troppo precoci per essere davvero tale. In realtà, allora, nel 1953, la Isetta era troppo piccola per motorizzare le masse, sebbene le dimensioni ridotte e l’ampia superficie vetrata la rendessero agile in ogni situazione, il monoportellone anteriore –certo quando pioveva doveva essere complicato uscire senza inondare l’auto!- le conferisse un’originalità assoluta e il tettuccio in tela arrotolabile la traducesse in decapottabile.
La novità venne accolta con curiosità dal pubblico italiano ma il successo commerciale sperato non si verificò e, a quel punto, Rivolta si accordò con la casa automobilistica tedesca BMW, in crisi dalla fine della guerra, alla quale passò la produzione dell’auto su licenza, con alcuni incrementi sulla cilindrata e la potenza erogata. Incredibile ma vero, le buone vendite della Isetta in Germania salvarono la BMW dal fallimento, come fu dichiarato anche dai dirigenti della casa tedesca all’ingegnere Rivolta.
City car sul mercato
Noi donne le scegliamo per la semplicità di guida, le mini dimensioni e i costi solitamente contenuti e non abbiamo che da sbizzarrirci per indovinare quella che meglio sposa i nostri gusti: tra la Fiat Panda priva di orpelli o la briosa Fiat 500, le piccole asiatiche Toyota Yaris e Hyundai i10, la veramente economica Suzuki Alto con la sua onestà e la corta Toyota Aygo con un comportamento stradale affidabile e una buona abitabilità fino ad arrivare alle avanguardistiche elettriche come Renault Twizy e Mitsubishi i-Miev. Perché il gusto femminile è attento alla tutela ambientale e le eco-friendly con l’alimentazione alternativa piacciono un sacco.
E così, non dimentichiamo di ricordare che la Seat Mii che si farà correre dietro da migliaia di donne all’Avon Running domenica 19 maggio, e che sarà il nostro “cavallo” cittadino, viene offerta anche con alimentazione a metano.
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